lunedì, marzo 01, 2010

50 anni dalla scomparsa di Adriano Olivetti

Sono numerosi gli articoli on line dedicati a questo evento. Ve ne illustriamo qualcuno:

"Sembra passato un secolo e invece è ne è trascorsa solo la metà. La figura di Adriano Olivetti, scomparso il 27 febbraio 1960, è forse sconosciuta alla stragrande maggioranza del pubblico giovane di Wired, ma è persistente nella memoria di tutti coloro che, ai tempi, masticavano quotidianamente la parola innovazione. Sembra incredibile che un Paese oggi così rattrappito , lento e quasi neoluddista nel suo rapporto con le tecnologie (cellulari a parte...) come l'Italia abbia ospitato un'azienda, la Olivetti, leader nell'innovazione tecnologica e capace di realizzare prodotti a dir poco avveniristici. Continua su Wired"

"Era il 27 febbraio del 1960 quando sul rapido Milano-Losanna moriva all’improvviso Adriano Olivetti, a cinquantanove anni. Aveva appena dato alle stampe Città dell’uomo, libro che raccoglieva scritti e discorsi sul movimento di Comunità, da lui fondato, sul mondo della fabbrica, su urbanistica e territorio, sui problemi del Mezzogiorno. La morte coincideva con il massimo splendore della fabbrica di macchine da scrivere fondata a Ivrea nel 1908 dal padre Camillo, e modernizzata da Adriano come simbolo di progresso tecnico, di cultura razionalista, di Welfare aziendale. Giusto un anno prima era stato presentato il calcolatore elettronico Elea 9003. Cinquant’anni dopo la Olivetti non c’è più. Ma che cosa resta di quella esperienza, ancora circondata da un alone romantico? Quali sono i ricordi e le suggestioni di una memoria olivettiana?  Continua su La Stampa"

"Alla catena di montaggio, nei miei sei mesi da operaio, per farmi perdonare dei pezzi che mi scappavano di mano raccontavo romanzi. I tre moschettieri e Il Conte di Montecristo, per esempio. E le operaie si lamentavano perché non conoscevo i romanzi rosa». Furio Colombo, giornalista e uomo politico, è stato uno dei ragazzi di Adriano Olivetti. Anche a lui, al primo incontro, l'ingegnere di Ivrea ha detto «io voglio che lei conosca il buio del lunedì», all'ingresso in fabbrica alle sei e mezza di mattino, in un'ora fredda come l'aria della vicina Valle d'Aosta e umida come i laghi e fiumi del Canavese. Continua su Il Sole 24 ore"

Segnaliamo anche la puntata di "La storia siamo noi" dedicata a questa grande figura del nosto passato.



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